Presentazione di
Guseppe Varchetta Quei Due. Una ossessione organizzativa, Guerini Next, 2023
L’autore converserà con Mauro Ceruti e Francesco Varanini
19 aprile 2023, ore 18 e 30
Libreria Linea d’ombra,
via San Calocero, 29 Milano
Considero sempre la letteratura modo efficacissimo per conoscere l’impresa ed il lavoro. Considero le opere letterarie di Pino Varchetta, da lui scritte quasi con timore, come affacciandosi su un terreno straniero, importanti almeno quanto i suoi lavori saggistici. Ho scritto in più occasioni a proposito delle opere letterarie di Varchetta. E mi lega a lui un intenso scambio di pensieri e di sguardi sul mondo.
Questo racconto lungo è accompagnato da una mia Nota, di cui riproduco di seguito la conclusione.
Qui la Nota per intero, in formato pdf.
“Quei due, con la loro aggressività mettevano in essere un cumulo di scorie, detriti collettivi prodotti della povertà relazionale quotidiana sparsa qua e là negli anfratti muschiosi della nostra azienda, simile in questo a tutte le altre. Il cumulo maleodorante non toccava i singoli responsabili, ma veniva convogliato, sapientemente, verso di loro, designati da tutti a recitare un copione”.
Lo sguardo compassionevole comprende il dramma vissuto dai due. Varchetta porta con sé questa storia, e con essa sogni speranzosi: “I due colleghi, come per incanto, intrecciano le mani …”. “I due legni, sballottati, trasportati dalla corrente, arrivano talvolta ad accoppiarsi, “da buoni amici”.
Perciò, nonostante l’incombere della morte, questo racconto non è la narrazione di un fallimento. Indica invece un percorso costruttivo. Descrive la ricerca del sé. Parla di un processo sul quale giova riflettere al lettore di ogni età. Giova in particolare ad un lettore: il manager che non rinuncia ad interrogarsi sul suo ruolo.
Quei due, pur divisi da radicali differenze, pur a tratti acerrimi nemici, condividono valori di fondo. Condividono la convinzione dell’importanza del ruolo del manager. Si sono avvicinati quasi per caso, per varie contingenze, a questa professione. Ma vi si riconoscono. Tanto da volerla interpretare a modo proprio.
Il racconto ci parla di una stagione in cui esistevano culture aziendali solide, distintive. E proprio questa esistenza permetteva ad ogni manager di apportare a questa cultura qualcosa di autentico, legato all’autobiografia, alla storia stessa della terra d’origine, qualcosa maturato nelle personali esperienze. Vediamo oggi invece prevalere la figura di un manager standard, insistentemente propagandata da Business School e da una certa consulenza globalizzata. Un manager anodino, ridotto ad esecutore. Una figura tanto universale quanto povera, impermeabile alle idiosincrasie e alle differenze. “Nelle organizzazioni d’oggi”, commenta il narratore, “suona l’indifferenza nel segnare le marce per lo più solitarie di donne e uomini immersi in un presente duro e incerto”. Sfide martellanti costringono ad egoismo ed utilitarismo. “La solidarietà dell’altro non sempre fruibile”. Su questo sfondo, le figure di Carlo Travi e di Silvius Moser, e del terzo, il manager collega e narratore, pur con i loro dubbi e le loro insicurezze, si stagliano nette. Non come retaggi del passato, ma come esemplari campioni di un auspicabile figura di manager del futuro.
La fertile ambiguità di questo testo fa sì che possa stare da due parti. In due cataloghi. E’ un racconto, una pura opera letteraria. E allo stesso tempo, un sostituto di un saggio o di un manuale per chi debba o voglia seriamente riflettere sul proprio ruolo di manager.
Un serio ed utile percorso formativo rivolto a manager potrebbe consistere in questo. Invitare i manager a leggere il racconto; e riunirsi poi per una giornata, per commentarlo insieme.
Tra i libri di Giuseppe Varchetta, uno dei più significativi resta, dopo quasi venticinque anni, la Cronaca della formazione manageriale in Italia. Libro scritto insieme ad Ugo Morelli, dove però ognuno dei due firma le proprie parole. Vi si ritrova la stessa rispettosa attenzione per la storia, e lo stesso desiderio di tramandare, che si coglie ora in Quei due.
Quei due si apre con una dedica “Ad Achille Cartoccio e alla sua compassione per le storie dell’organizzazione”. Nella Cronaca della formazione, Varchetta dedica a Cartoccio parole di rispettoso affetto: “L’ho conosciuto nel 1967 l’Achille e lo tengo caro come un tesoro prezioso: dico tutto questo sotto voce ma insieme sicuro che il parlare del mio, nostro privato, anche solo una riga, sia un modo corretto per continuare a narrare un formatore che ha saputo andare oltre le domande che gli sono state poste”.10
Credo si possa dire ora di Pino Varchetta, che è “un formatore che ha saputo andare oltre le domande che gli sono state poste”.