Su HR OnLine n. 3, febbraio 2016 (HR OnLine è l’organo di informazione dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale, AIDP) è apparso questo mio scritto. E’ il mio modo di parlare dei contenuti del mio libro Macchine per Pensare a Direttori del Personale, e in genere a chi si occupa di Risorse Umane. Chiamiamo ‘computer’ le macchine che usiamo in azienda, innanzitutto per gestire il lavoro delle persone. Ma si tratta in realtà di macchine diverse dal computer di Turing e di von Neumann. La storia di queste ‘macchine per organizzare il lavoro’ è, in fondo, la storia della Direzione del Personale.
Immaginatevi questa scena. Un manager, verso la fine degli Anni Venti, accoglie un sociologo in visita alla sua azienda. Lo accoglie all’ingresso, e insieme salgono verso l’ultimo piano. Intanto, attraversano i corridoi sui quali si aprono le porte degli uffici.
A dire il vero, allora la parola manager non si era ancora affermata, neanche negli Stati Uniti, e qui siamo in Germania, a Berlino.
Anche la definizione di ‘sociologo’ è un po’ imprecisa, se parliamo di Siegfried Kracauer. Laureato in ingegneria, ma attento frequentatore delle lezioni di Husserl, si è mantenuto per la maggior parte della vita facendo l’architetto. Ha studiato quello che di volta in volta lo interessava. Scrive romanzi, si interessa della strana natura del libro giallo, è un attento osservatrore del cinema espressionista tedesco: vampiri e terrore sullo schermo, inconscio collettivo della Germania che finirà nelle amni di Hitler, sonno a occhi aperti che partorisce il mostro.
Il tema della direzione d’azienda e dell’organizzazione del lavoro salta agli occhi di Kracauer. Scrive nella fase terminale degli anni ’20, pubblica all’inizio del 1930, senza preoccuparsi di rispettare standard metodologici, rinuncia a citare fonti illustri. Cita semmai periodici di attualità, si basa sullo spirito di osservazione e sugli incontri personali, sul ‘puro sguardo’ di Husserl, sul ‘lasciar parlare le cose’.
Kracauer ha sotto gli occhi un cambiamento, l’emergere di un modello: non guarda ai luoghi della politica e della protesta sociale, non guarda al vuoto politico che la Costituzione di Weimar non è in grado di colmare, non guarda alla protesta violenta delle masse che invadono le strade.
Non guarda nemmeno alla fabbrica, mitico luogo di contropotere operaio, guarda ad un luogo ben più raramente osservato: i grandi saloni occupati dai tavoli degli impiegati, le mense aziendali, i raffinati uffici dei dirigenti.1
Ha sotto gli occhi gli effetti della ‘razionalizzazione’ che ha ha investito le aziende. L’onda dell’organizzazione scientifica del lavoro ha investito le fabbriche, ora organizzate come un nastro trasportatore, un processo. Ma adesso, nota Kracauer, l’onda dell’organizzazione scientifica ha attraversato la fabbrica ed è salita ai piani superiori, ha raggiunto e invaso e assoggettato al suo controllo gli uffici.
Maschi al lavoro attorno alle macchine Hollerith, e nella sala accanto ragazze addette alla perforazione di schede, dattilografe allenate alla velocità attraverso appropriata formazione fondata sull’uso della musica – ovvero: cultura ed arte trasformate in strumento di controllo. Il ritmo imposto a tutti imposto dalla grande organizzazione-orologio.
La tecnologia è al servizio del controllo: non più solo documenti redatti da scrivani, ancorché dotati di macchine da scrivere, ma moduli, schede perforate, tabulati, procedure codificate da macchine: il centro meccanografico -tecnologia IBM, in Germania ribattezzata DeHoMaG- è il cuore dell’azienda, l’occhio vigile il cui sguardo abbraccia ogni aspetto dell’azienda.
Il dirigente stesso è assoggettato alla macchina. Affida alla macchina la direzione: i piani strategici, così come il daffarsi quotidiano sono descritti e definiti dalle schede perforate. La direzione si riduce al controllo: il manager si limita a leggere i risultati e gli andamenti attraverso i tabulati
Il Direttore Commerciale di una fabbrica moderna, racconta , racconta Kracauer, mi spiega il funzionamento dell’azienda. “La preparazione commerciale del processo lavorativo” -dice il Direttore- “è interamente razionalizzata, fin nei minimi particolari”.
Il direttore indica quadri riassuntivi, incorniciati e appesi a una parete del suo ufficio. Fasci di linee colorate illustrano gli andamenti. Su un’altra parete strane cassette che ricordano pallottolieri per bambini. Palline variopinte infilate le une vicine alle altre in corde verticali raggiungono altezze diverse. Un’occhiata a quelle palline e il direttore è subito al corrente della situazione dell’azienda in quel preciso momento. Ogni due giorni le palline vengono nuovamente raggruppate da un impiegato esperto di statistica, spiega a Kracauer il Direttore.2
Kracauer commenta: “quanto più l’organizzazione è pianificata, tanto meno gli uomini hanno a che fare gli uni con gli altri”. Anche nel lavoro d’ufficio, come in altro modo in fabbrica. l’organizzazione razionale resa possibile dalle macchine Hollerith finisce per ridurre i lavoratore a massa indistinta e spersonalizzata. Solitudine, distanza sociale sono un’inevitabile conseguenza: “coloro che occupano i posti direttivi non hanno praticamente la possibilità di sapere qualcosa degli impiegati delle regioni inferiori, che a loro volta non riescono mai a spingere lo sguardo nelle alte sfere”, nota Kracauer.
Di fronte alla macchina-che-organizza, “anche il direttore si trova in posizione di dipendenza, e si autodefinisce volentieri un impiegato”.
La presenza della macchina Hollerith è l’anello tecnico necessario per imporre una catena di comando che ha i i propri luoghi centrali sempre più in alto, sempre più lontano dai luoghi dove le persone vivono e lavorano. Sopra i dirigenti “ci sono i consigli di amministrazione e le banche, e il vertice della gerarchia si perde nell’oscuro cielo del capitale finanziario”.3
La macchina organizzativa, fondata su tecniche, appoggiata sulle tabulatrici di Hollerith, sostituisce la stessa direzione. Può affermarsi così l’impersonalità del potere.
La macchina di Hollerith, già al termine del 1800, si mostra portatrice di una enorme discontinuità: permette di gestire enormi masse di informazioni con una velocità tale da rendere del tutto obsoleti ogni macchina e ogni organizzazione del lavoro di ufficio fino ad allora adottati.
La macchina di Hollerith permette di incrociare i dati in modo tale da leggere nei dati informazioni che altrimenti sarebbero rimaste inaccessibili. Tramite la macchina di Hollerith è possibile sapere cose che prima non si poteva neanche immaginare di poter sapere.
Ci si rende presto conto che, così come la macchina Hollerith tratta i dati relativi ad una popolazione umana, può trattate i dati relativi ai clienti di una compagnia di assicurazione, e -via via generalizzando- i dati relativi ad un qualsiasi prodotto che entra ed esce da magazzini, così come i dati di un carro merci su una linea ferroviaria.
Macchine Hollerith fanno così il loro ingresso nel back office di grandi magazzini, aziende elettriche e del gas, industrie chimiche e farmaceutiche, acciaierie, compagnie petrolifere e, in particolare, nel trasporto ferroviario.
Nel 1896, la New York Central and Hudson River Railroad adotta il sistema di Hollerith. Nel ’28 il sistema Hollerith è adottato dalle Ferrovie dello Stato italiane. A quel punto non solo il sistema è adottato da quasi tutti i vettori ferroviari statunitensi, ma è in uso in Inghilterra, Sud Africa, Argentina, Messico – è lo standard per quanto riguarda pianificazione della gestione del traffico dei carri, inventari, gestione delle merci trasportate.
Il principio di base della tecnologia consiste nel codificare l’informazione mediante stringhe di caratteri binari: presenza o assenza di un foro in una determinata posizione del supporto di registrazione: la scheda.
Già nella concezione originaria di Hollerith, le schede sono suddivise in ‘zone’ tematiche. Una zona della scheda è destinata al genere, una all’età, alla nazione di origine della persona censita.
Il sistema si compone di apparati diversi, ognuno corrispondente ad una fase del processo di raccolta e trattamento dei dati: punching machine, card reader, tabulating machine.
La prima attività consiste nel data entry, trasferimento sulle schede, tramite perforazione, dei dati contenuti in documenti cartacei. Si tratta di lavoro umano sopratutto femminile, di mera copia. Resta questo il collo di bottiglia del sistema: il tempo necessario alla tastierista per copiare è maggiore del tempo necessario alla macchina per elaborare i dati.
Le schede perforate sono quindi, tramite la sorting machine, messe in ordine: riunite per gruppi omogenei -per esempio, tutte le donne aventi una certa età-, disposte in una voluta sequenza -per esempio: età crescente-, accorpate intercalando schede provenienti da diversi raggruppamenti.
La tabulating machine è il cuore del sistema. Qui si compie l’elaborazione dei dati.
L’unità di calcolo della tabulatrice è inizialmente una semplice counter board, non capace di altro che di contare i fori collocati in una certa zona delle schede sottoposte alla macchina. Ma nel 1906 Hollerith -riusando la tecnologia telefonica- aggiunge alla counter board una switch board.
E’ un pannello –plugboard– che, tramite spinotti e prese elettriche, permette di definire un circuito. Si combinano così i segnali elettrici provenienti dalle perforazioni in diverse zone della scheda. L’elaborazione dei dati può così andare ben oltre la somma e la sottrazione. Si tratta di una vera e propria ‘programmazione’ delle operazioni di calcolo.
Il Type 3-S tabulator, posto sul mercato negli Anni Venti, offre la possibilità di sostituire i pannelli. In questo modo, corrispondendo ogni circuito elettrico definito su un pannello a un programma di elaborazione, si può, a fronte degli stessi dati, e tramite la stessa macchina tabulatrice, procedere a calcoli diversi.
Proprio nel ’33, quando Hitler diviene Cancelliere, viene portata sul mercato l’IBM Tabulator 401. Alimentazione e trascinamento automatici; lettore basato su spazzole metalliche che stabiliscono contatto elettrico quando incontrano una perforazione nella scheda; stampante veloce.
Macchina in grado di addizionare alla velocità di 150 schede al minuto e di ordinare in liste alfanumeriche 80 schede al minuto. Macchina versatile, dotata di pannelli sostituibili e di stampante veloce. L’anno successivo è disponibile una versione evoluta, la 405.
Sono queste le macchine che servono, per isolare orni individuo dalla massa, per controllare e subordinare ad una generale organizzazione la vita di ognuno. Le macchine appetite da uno Stato che vuole sorvegliare, stigmatizzare e punire.
Ciò che serve per ogni industria, ciò che si mostra adeguato ad organizzare il capillare, complicato articolatissimo sistema ferroviario, si presta evidentemente ad usi più nefasti. Può essere usata per tenere a bada la ribellione delle masse.
Hollerith offre gli strumenti per schedare ogni individuo, per classificare ognuno in base a sesso, razza, età, appartenenza familiare, luogo di nascita e di residenza, lavoro. Accade così che nel ’33, poche settimane dopo la salita al potere di Hitler, l’IBM investa nella DeHoMaG oltre sette milioni di Reichsmark – più di un milione di dollari. Serve produrre più macchine Hollerith, perché solo così si potranno censire e controllare le masse. La stessa politica razziale nazista sarebbe impraticabile senza accurate informazioni demografiche – che solo macchine dedicate possono garantire.
La proverbiale capacità tedesca per l’organizzazione razionale può tradursi in pratica solo tramite strumenti adeguati. Macchine dedicate. Macchine per garantire certezze – almeno numeriche, quantitative. Macchine per garantire il controllo.
Tutto è ben descritto in una immagine. Un cartellone. Un annuncio pubblicitario a piena pagina, uscito in quel 1933.
Su uno sfondo grigio, un grande occhio -con una pupilla che richiama l’ingranaggio di una macchina- illumina dal cielo il profilo di un enorme edificio, che può apparire al contempo sia il profilo di un insediamento urbano, sia il profilo di una fabbrica. A lato dell’edifico un’alta ciminiera spande fumo nel cielo, a significare fervente attività. Dietro l’edificio e la ciminiera una scheda perforata.
>Una frase percorre la pagina. La prima parola in alto, sopra il vigile occhio: Übersicht, il resto della frase sotto l’edificio: mit Hollerith Lochkarten
Über: sopra, sovrastante, superiore. Überbau è sovrastruttura.
Sicht: vista, sguardo, chiarezza. Ma anche valutazione tecnica, controllo strategico, quadratura contabile. Sichtwerbung è pubblicità, propaganda visiva, veicolata attraverso immagini.
Übersicht è quindi ‘vista dal di sopra’, quadro d’insieme, prospetto riepilogativo, tabella, abstract, survey, diagram.
Tutto questo sarà possibile per via di una macchina, la macchina Hollerith, il cui simbolico potere organizzativo è sinteticamente rappresentato dalla scheda perforata, punched card, Lochkarten.
Dunque la macchina Hollerith come mezzo tecnico per rispondere alla domanda di sicurezza, alla paura che pervade la masse e alla paura che le masse incutono. Macchina che risponde alle imminenti esigenze del nazismo al potere. Ma anche macchina-Panopticon. Bentham vide con lucida preveggenza l’esigenza prima ancora che scoppiasse la Rivoluzione Francese: immaginò così il Panopticon – il mondo come carcere strettamente sorvegliato da uno sguardo vigile che è in fondo l’occhio di Dio.5
1Siegfried Kracauer, Die Angestellten. Aus dem neuesten Deutschland, Frankfurt am Main, 1930; trad. it. Gli impiegati. Un’analisi profetica della società contemporanea, Einaudi, Torino, 1971.
2Siegfried Kracauer, Die Angestellten. Aus dem neuesten Deutschland, cit., p. 23 della trad. it.
3Siegfried Kracauer, Die Angestellten. Aus dem neuesten Deutschland, cit., pp. 33- 34 della trad. it.
4Edwin Black, IBM and the Holocaust: the strategic alliance between Nazi Germany and America’s most powerful Corporation, Crown, New York, 2001; edizione aumentata con nuovi documenti: Dialog Press, Rockville, Maryland, 2012.
5Jeremy Bentham, The Panopticon Writings, 1791 (stampato ma non distribuito), a cura di Miran Bozovic, Verso, New York, 1995.