‘Agire in vista di. Il progetto come continuo presentarsi’. Articolo apparso su ‘Educazione sentimentale’, rivista di psicosocioanalisi, 29, 2018


Ho scritto di nuovo a proposito del progetto. Agire in vista di. Il progetto come continuo presentarsi. L’articolo è apparso nell’aprile 2018 su Educazione sentimentale. Rivista di psicosocioanalisi, fascicolo 29, 2018. La rivista è organo ufficiale della Fondazione Luigi (Gino) Pagliarani, e vicina a Ariele, Associazione Italiana di Psicosocioanalisi.

L’articolo riparte da lì dove ero arrivato con il capitolo La complessa vita del progetto. Uno sguardo umanistico (Complexity in Projects: a Humanistic View), che apre il libro curato da me e da Walter Ginevri: Il Project Management emergente, tradotto in inglese come Projects and Complexity.

Trascrivo qui il Sommario, in italiano e in inglese:

Nella letteratura dedicata al management, il project management bada soprattutto alla programmazione delle attività e al controllo del rischio. Il project manager è visto come un organizzatore, non come un innovatore. Eppure l’innovazione, necessaria ad ogni organizzazione, passa attraverso la capacità di progettare. E accade che il project manager, nei momenti difficili che ogni progetto attraversa, si trovi a dover adottare soluzioni non previste dai manuali, scoperte cammin facendo. Converrà dunque lasciare da parte la letteratura tecnica, per cercare invece il senso del progetto nella filosofia greca e nel testo biblico. Heidegger ci spinge a guardare la condizione dell’essere umano, gettato su un terreno sconosciuto, e quindi costretto a progettare. Hannah Arendt e Leopardi aggiungono elementi che portano ad intendere il progetto come capacità di cogliere il continuo presentarsi del nuovo. L’agire in modo nuovo è, per ogni persona impegnata nel progetto, un continuo riprogettare se stesso.

Act for the sake of. The project as a continuous self-presentation. In the managerial literature, Project Management focuses above all on the planning of activities and risk management. The Project Manager is seen as organizer, not an innovator. Yet innovation, necessary for every organization, passes through the ability to design. And it happens that the Project Manager, in difficult situations that each project goes through, finds himself having to adopt solutions not provided in the Handbook, but to be discovered along the way. It will be better therefore to put aside the technical literature, and to look for the meaning of the project in the Greek philosophy and in the biblical text. Heidegger urge us to look at the condition of the human being thrown on an unknown ground, and so forced to project. Hannah Arendt and Leopardi add reasons for conceiving the project as the ability to grasp the continuous appearing of the new. Acting in a new way is, for every person engaged in the project, a continuous redesign itself.

E la pagina finale:

Il rivelarsi dell’agente nell’atto: l’uomo agente rivela se stesso, scopre il suo essere nell’agire ansioso e responsabile aperto al continuo presentarsi. Il progettista genera il progetto: dal sogno, dalla visione, nasce qualcosa che proietta oltre i confini del comodo presente. Michelangelo, Leonardo, sono vasai che hanno immaginato di poter far cose diverse dal vaso. Il progetto genera il progettista: inteso il progetto come andare oltre il fare che ci è già noto, il progettista scopre il se stesso che sta oltre i propri limiti attuali.
Ricordo situazioni vissute in aule di formazione dove project manager erano insieme alle figure commerciali che avevano venduto a clienti i loro progetti. I project manager si lamentavano: ci avete messo in difficoltà, avete venduto progetti che sembrava impossibile portare a buon fine. I commerciali avevano buon gioco a rispondere: “Sì, ma voi ci siete riusciti”. Seguendo la lezione di Hirschman, la mano del commerciale ha tenuta nascosta al progettista la complessità. Nel tempo propizio il project manager ha scoperto come andare oltre.

Una delle espressioni derivate dal verbo latino agere, “condurre spingendo”, il verbo che in modo più pregnante ci parla del progetto, è agile: “facile da condurre”. Accettate le difficoltà, accettato di muoversi spinti dalle nostre motivazioni profonde, guidati da vaghe intuizioni, disposti al disvelare, al continuo presentarsi, il difficile può rivelarsi facile.
La progettazione agile in tempi recenti divenuta di moda – prima nell’ambito dello sviluppo del software, e poi nella manifattura e in ogni tipo di progetto – non è che una conferma del progettare che ho cercato di descrivere chiedendo guida a Leopardi, Heidegger, Arendt. Già nella seconda metà degli anni Ottanta Barry Boehm ci proponeva di sostituire alla più consueta immagine del progetto – la freccia tesa verso il bersaglio; il lavoro teso a giungere ad un punto fermo – l’immagine di una spirale (Boehm 1986, Boehm 1988). La motivazione in virtù di cui agisco, mi spinge ad un miglioramento senza fine.
Il progetto è frutto della continua interazione che coinvolge ogni persona interessata. Il progetto è sottrazione di mistero. Il progetto è un lavorare attorno a un prototipo, un semilavorato che resterà sempre imperfetto, ma che può essere continuamente migliorato. Il progetto è accumulazione, incremento. Il progetto è iterazione di prove. Il progetto è un permanente tentativo. Il progetto non termina mai (Beck 1999, Beck et. al. 2001).
Solo la saggezza degli essere umani coinvolti può condurre le persone coinvolte a dire: “fermiamoci qui”. Per rispetto della propria fatica, per rispetto dell’ambiente sul quale il progetto incide, per non abusare di risorse che potrebbero essere altrimenti destinate. Sempre sapendo che potremmo esserci fermati prima, e che potremmo insistere ancora, andando oltre.

Abbiamo osservato la prima immagine del progetto: pro-getto, latino pro-iacto, greco pro-ballo: “getto innanzi”, “metto fuori”, “propongo”, Abbiamo visto come il terreno sul quale l’essere umano che progetta si trova ad agire è disseminato di inciampi: dia-ballo: “getto in mezzo”. Possiamo osservare infine il progetto come syn-ballo: syn, “insieme”, “contemporaneamente”, ballo, “getto”. Getto insieme, unisco. Materiali messi insieme. Il progetto cresce per accumulazione, per incremento, per prove ed errori. Deve essere verificato se i materiali, se le singole azioni possono stare assieme. Quindi prendo – per verificare se una cosa è compatibile con l’altra, ne prendo una come saggio, peso o misura: testimone del gettare insieme, símbolos, simbolo. Il progetto è un continuo tentativo di mettere insieme: syn, “insieme”, tithenai “porre”; tentativo di synthesis: fusione, amalgama. È un continuo presentarsi, in vista di, in considerazione di un implicito senso che solo a tratti sembra apparirci. Intenzioni agenti; persone diverse ognuna tendendo ad una convergenza degli sguardi, ognuna contribuendo a disvelare. Tutti coloro che si sentono convocati attorno ad un progetto condividono uno stesso simbolo. La consonanza che rende possibile il progetto, prima di essere “materiale”, orientata alle “cose da fare”, è simbolica, segno dell’agire comune in vista di, a causa di, in virtù di. Segno della ricerca comune del continuo presentarsi.

Una sintesi schematica dei temi esposti nell’articolo si trova qui

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